La vertigine in età pediatrica

Le forme più comuni di vertigine nel bambino valutato dallo specialista otorinolaringoiatra sono dovute a vertigine parossistica benigna dell’infanzia (VPBI), vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB), neurite vestibolare, malattia di Menière, traumi. La valutazione vestibolare in età pediatrica presenta una serie di difficoltà tecniche ed interpretative tanto maggiori quanto minore è l’età del bambino, deve essere eseguita in presenza dei genitori, conquistando la fiducia del bimbo, facendo in modo che lo viva come un gioco, conversando con lui in modo da tenere desta la sua attenzione, la tradizionale stimolazione termica o rotatoria è tecnicamente difficile e l’interpretazione delle risposte incerta. In età pediatrica è preferibile quindi ricorrere ad una accurata osservazione dei segni vestibolari spontanei, ai più semplici tests della bed-side vestibular examination, alla osservazione dei movimenti oculari con occhiali di Frenzel o VOG. È fondamentale una accurata anamnesi familiare e personale sulle caratteristiche della vertigine, investigando andamento cronologico, condizioni predisponenti, fattori scatenanti e sintomi associati. L’ inquadramento vestibolare deve essere completato da un esame clinico generale, valutazione neurologica di eventuali danni dei nervi cranici e del sistema nervoso centrale, valutazione audiometrica e valutazione oftalmologica della acuità visiva e della motilità oculare.

La causa più comune di vertigine nel bimbo è la vertigine parossistica benigna dell’infanzia (VPBI), sembra soffrirne il 2-2,5% della popolazione infantile senza differenza tra i due sessi. Le caratteristiche prevedono la presenza di attacchi di vertigine rotatoria, della durata di secondi/minuti, che si risolvono completamente e spontaneamente, seguiti da normale ripresa dei giochi o talora da sonnolenza e spesso associati a sintomatologia neuro-vegetativa (nausea, vomito, sudorazione, pallore), intolleranza alla luce, ai suoni e agli odori. Non sono in genere associati a particolari posizioni o movimenti, sintomi uditivi, turbe della coscienza o sintomi neurologici. Tra i possibili fattori scatenanti vi sono la stanchezza, il sonno disturbato, l’alimentazione irregolare e situazioni di stress fisico o psichico (viaggi, emozioni, gare sportive, variazioni meteo). Gli attacchi in genere iniziano intorno ai 3-4 anni e continuano fino ai 10-15 anni, alcuni bambini hanno sofferto in passato di torcicollo. L’intensità e l’andamento di questa vertigine è spesso molto variabile, generalmente gli episodi sono più frequenti all’esordio per poi ridursi in seguito per frequenza ed intensità, la forma si risolve nell’adolescenza o evolve verso una forma di emicrania, specie nelle bambine. Una familiarità di emicrania e cinetosi, prevalentemente materna, è riportata nel 40-80% dei casi. Nei bambini più grandi le vertigini possono associarsi o alternarsi ad episodi di cefalea di tipo emicranico. È inoltre evidente una associazione tra cinetosi e dolori addominali ricorrenti, febbre ricorrente e vomito ciclico.

Gli elementi a favore di una associazione tra VPBI ed emicrania sono: l’elevata prevalenza di familiarità emicranica, l’elevata presenza di sintomi correlati all’emicrania, analoghi fattori scatenanti, frequente associazione con cefalea di tipo emicranico. In conclusione la vertigine parossistica benigna dell’infanzia può essere considerato un equivalente emicranico precoce, con la crescita del bambino può risolversi completamente e definitivamente o evolvere verso una forma emicranica.

Il trattamento prevede l’eliminazione dei fattori aggravanti o scatenanti, correzione dei problemi connessi al sonno, igiene di vita, riduzione dello stress, correzione di problemi oftalmologici e la gestione psicologica del bambino e dei familiari. Dal punto di vista farmacologico si possono trattare gli eventi acuti o instaurare delle terapie profilattiche.

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